26 Set Africa secondo Cristina…
Condividiamo l’originale testimonianza di Cristina, di ritorno dall’esperienza dei Centri Estivi 2019 ad Adwa.
Amicizia: dopo tre settimane passate assieme tra volontari e leaders si crea un legame forte, basato inizialmente sul raccontarsi reciprocamente il proprio stile di vita, analizzando analogie e differenza, ma che in seguito si trasforma in un sentimento puro e disinteressato basato su ciò che si condivide quotidianamente, su ciò che ci piace ascoltare (musica) o vedere (tv) o praticare (sport) e su ciò che contraddistingue le rispettive società…che altro si fa con un amico?
Familiarità: è ciò che ti danno dal primo momento i bambini del summer camp. Sei un loro fratello con la pelle diversa, con dei fantastici capelli lisci e morbidi, con i polpacci che spenzolano e con tanta voglia di coccolarli. E quando mai ti capiterà di sentire chiamare il tuo nome in mezzo a una folla di 300 bambini e vedere un piccoletto nero che ti corre incontro con le braccia spalancate e un sorriso a 36 denti?! Ti senti la persona più importante del mondo in quel momento e forse lo sei per lui. E quest’emozione vale già tutto e forse ancora di più.
Ricchezza: bambini vestiti con magliette cucite e ricucite che sono passate come un cimelio di famiglia di fratello in fratello, pantaloni strappati da ogni parte o troppo lunghi o troppo corti, gonne con buchi ovunque che prima erano una camicetta di mamma, scarpette (da scoglio) di plastica tutte colorate ma tutte rotte con cui fare i 100 metri nella pista d’atletica o con cui giocare a calcio e perderle ad ogni calcio tirato al pallone, felpe senza più zip, tasche e con maniche sdrucite, ma anche bambini con l’apparecchio ai denti, con la felpa della north face, con la divisa del Barcellona ufficiale, con scarpe nike, con magliette Adidas. Insomma bambini di qualunque estrazione socio economico partecipano al summer camp, ma anziché giudicarsi in base alle apparenze, si rincorrono tutti, si “picchiano” indistintamente, si abbracciano gioiosamente dopo un goal/canestro/ace con tutti i compagni di squadra. Molti non hanno molti beni materiali, ma tendono ad averli o a imitarli, così vedi magliette dell’adibas, nomi e numeri di giocatori scritti a pennarello sul retro della maglietta, finte scarpe da ginnastica Nike completamente in plastica. Tutti rispetto ai nostri standard possiedono poco/niente. Ma la loro ricchezza è nel loro avere poco/niente usare l’ingegno e l’immaginazione per avere tutto, dalla macchinina con cui giocare con gli amici in strada (pezzi di legno e metallo per la macchina e come ruote i tappi di bevande e per farle telecomandate si usa un filo di ferro con cui tirarsele dietro) all’abbigliamento del loro giocatore preferito. Oppure nel credere un grande dono ricevere un abbraccio, una carezza, 2 minuti in cui il farengi gioca solo con te, o nel sentirsi importante perché il farengi di turno si ricorda il tuo nome. Ricchezze non quantificabili…e forse per questo che loro ne posseggono a iosa e noi non riusciamo a comprargliela.
Inclusione: è sempre difficile descrivere la gioia dei bambini quando inizia il summer camp e arrivano i farengi. Non è solo perché arrivano palloni da calciare, palleggiare e schiacchiare, freesby da lanciare, corde da saltellare, cerchi da far girare, coni da zigzaggare e aste da saltare, ma è perché arrivano persone che gli dedicheranno tanto tempo e tutte le loro energie. Sicuramente c’è interesse per gli oggetti sopra elencati e per poter finalmente giocare in veri campi da calcio, pallavolo, basket e piste di atletica e non in mezzo ad una strada raramente asfaltata, ma altrettanto sicuramente c’è interesse per la persona in quanto persona e in quanto persona esteticamente diversa. Le differenze attirano i bambini come il miele le api, ti studiano e ti toccano in ogni tua singola cellula. Ma come degli scienziati alle prime armi, quando scoprono i tuoi capelli soffici come la seta i loro occhi si illuminano e le loro labbra si allargano in grandi sorrisi e tu piccolo farengi scopri che le differenze possono regalare gioia. Poi sopraggiunge la sera, e nella tua camera legge che in Italia si continua a chiudere i porti e a lasciare persone, in quanto uomini, donne e bambini, in mezzo al mare senza alcun tipo di assistenza.
Canzone: canzoni e balli che aiutano a conoscersi, che avvicinano i volontari con i ragazzi del summer camp, che ci fanno ridere sul momento e piangere al rientro in Italia. Energia e gioia allo stato puro da condividere tra grandi e piccoli. La loro immensa bravura a tenere il tempo e muoversi come dei provetti ballerini, anche se hanno appena 4/5 anni, e la nostra totale incapacità a stare al loro passo, anche se abbiamo ben più di 20 anni e di serate in discoteca ne abbiamo trascorse parecchie. Ma questo essere dei pali di legno nel ballo diverte tanto i bambini…e quindi va poi bene anche così. Soco bate vira per tutti.
Abbracci: quanti abbracci e quanti baci ricevuti e dati sin dal primo momento. Mani piccoline, mani grandi, braccia protese verso le tue spalle per un abbraccio, per un giro di vola vola, per una capriola in aria o anche solo per darti una carezza. Tanti piccoli gesti che ti scaldano il cuore e ti purificano dalla frenesia e dall’opulenza della nostra società occidentale. Poi arriva l’ultima discesa al gate per il saluto finale e ti sembra che queste braccia si siano moltiplicate e che tu non abbia fatto in tempo a conoscerle tutte. Quelle che riesci ad afferrare o che ti afferrano, li stringi forte forte a te mentre la tua mente augura loro di ricevere il meglio nella loro ancora giovane vita, il tuo cuore lascia briciole di sé in ognuno di loro e i tuoi occhi si gonfiano di lacrime, che sgorgheranno appena varcheranno il cancello o in seguito nell’intimità della tua camera.
In una sola parola… AFRICA.
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