30 Giu Aggiornamenti coronavirus in Etiopia – giugno 2020
Che la pandemia fosse arrivata in Etiopia si sapeva.
Già da metà marzo sono state chiuse le scuole e gli esercizi pubblici. Si sono diffusi punti di igienizzazione mani nelle città. Sono state imposte misure di contenimento non sempre rispettate.
Il timore che la debole assistenza sanitaria non fosse in grado di curare pazienti bisognosi di terapia intensiva era comune a tutti coloro che hanno a cuore i paesi del Sud del Mondo.
Oggi i dati ufficiali parlano di un contagio ancora contenuto: 5.846 positivi al 29 giugno, di cui la stragrande maggioranza concentrati nella capitale (il cui aeroporto non ha mai interrotto i voli da e per la Cina). L’importante rapporto commerciale e politico con la Cina ha portato anche donazioni di mascherine e presidi all’Etiopia.
Le misure per prevenire la diffusione del contagio nel primo periodo sono contate. Infatti da marzo chi si spostava da una regione all’altra – in particolare i trasportatori – erano obbligati a fermarsi in quarantena per 14 giorni prima di poter circolare. Questo aveva per qualche tempo salvaguardato le regioni più periferiche dalla pandemia, poichè i casi accertati erano stati bloccati ai confini.
Da qualche settimana purtroppo sono stati accertati casi di contagio anche nella regione del Tigray, nelle vicinanze di Adwa.
A metà giugno si contavano circa 50 persone positive al coronavirus nella zona di Humera. La città è sul confine con Sudan ed Eritrea, un luogo di passaggio dei profughi che fuggono da questi due paesi piegati dalla dittatura. Anche dai paesi arabi stanno rientrando molte persone che rischiano di aumentare i contagi. Si tratta di lavoratori etiopi che offrivano manodopera a basso costo, con scarse tutele legali, ma sono stati espulsi da paesi come l’ Arabia Saudita ed il Libano per timore della pandemia. I migranti sono stati accolti in strutture temporanne, università, scuole, senza poter garantire il distanziamento e quindi aumentando la probabilità di contagi…
Le misure di quarantena per chi si sposta tra regioni o dall’estero rimangono. I gravi ritardi nella circolazione di merci e soprattutto di generi alimentari stavano provocando rincari di prezzi e gravi carenze nella disponibilità di cibo. Di recente il governo etiope ha approvato la prassi di far scortare dalla polizia i trasporti interregionali , evitando il blocco di 2 settimane ad ogni frontiera ma prevenendo il rischio di contagi tra persone.
Resta comunque critica la situazione economica e l’accesso al cibo per la popolazione.
Il primo aiuto offerto dalla Missione Kidane Mehret in aprile è stata la donazione di un centinaio di letti per le case dove non esistevano le condizioni igienico-sanitarie minime (famiglie numerose che dormivano a terra nello stesso ambiente).
Successivamente, grazie alla raccolta fondi della campagna di Pasqua, con la donazione di 5.000 € all’associazione locale “Adwa Victory Development Association” e con quella di 5000 € al Comune di Adwa per la distribuzione di aiuti alla popolazione indigente, la vostra solidarietà è potuta arrivare alle famiglie più in difficoltà.
Della prima associazione fanno parte e collaborano attivamente anche alcuni membri dello staff della missione, che hanno partecipato e documentato la consegna degli aiuti (vedi foto in basso)
L’Amministrazione comunale di Adwa, attraverso l’ufficio degli aiuti sociali, ci farà avere un report dettagliato delle persone aiutate. Abbiamo deciso di dividere il sostegno equamente tra associazione privata di volontariato etiope e amministrazione pubblica per rimanere al fianco di tutti ed essere presenti in questo momento difficile in maniera paritaria!
Continuiamo assieme a sostenerli: evitiamo la perdita di vite umane per fame prima che per coronavirus!
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