Aggiornamenti di agosto – la guerra invisibile raccontata da chi è fuggito

Aggiornamenti di agosto – la guerra invisibile raccontata da chi è fuggito

Anche il TG1 si accorge che c’è ancora una guerra invisibile in Tigray…

Nei giorni 10 e 11 agosto, tra una querelle politica e l’ennesimo servizio sul caldo in città, sono andati in onda due brevi reportage di Perla Dipoppa da un campo profughi in Sudan, al confine con l’Etiopia. La giornalista evidenzia che, ad oggi, è l’unico modo per raccogliere testimonianze dirette sulla guerra in Tigray.

Ascoltiamo Selam, che a 16 anni si ritrova incinta sradicata dalla sua terra e dalla sua famiglia: al suo villaggio hanno ucciso i maschi di ogni età e rapito le donne, solo lei è riuscita a sfuggire ed arrivare oltre il confine.

Vediamo il giocattolo di fango che si è costruito Samir: non la classica macchinina, bensì un carrarmato. La sua nonna lo ha portato in salvo abbandonando il ristorante che gestiva. Ora vivono in una capanna in quel campo profughi, che durante la stagione delle piogge si allaga.

E così chi ha le competenze si è rimboccato le maniche: Michael studiava ingegneria in Tigray quando anche l’università è stata distrutta. Ora nel campo ha cercato di creare piccoli canalizzazioni dell’acqua piovana, per irrigare le coltivazioni dei profughi.

Guarda il primo servizio TG1 del 10/08/22, con le interviste a Selam ed alla nonna di Samir

Guarda il secondo servizio TG1 dell’ 11/08/22, con le intervista a Micheal

Evitiamo commenti sulle priorità di finanziamento della cooperazione nel prevenire le migrazioni…

Ricordiamo però che se nei campi profughi fuori dal Tigray si sopravvive a stento, chi è rimasto in Tigray (tigrino o profugo eritreo) continua a soffrire la fame, la carenza di ogni servizio essenziale, l’isolamento e l’inaccessibilità a conti bancari e contanti!

Il recente report dell’UNHCR parla di costi della vita lievitati in tutta l’Etiopia a causa del caro benzina. Il blocco del governo all’ingresso di cisterne di carburante in Tigray ha prolungato l’impossibilità di consegnare in tutte le zone gli aiuti alimentari:

“solo due autocisterne del WFP hanno raggiunto Mekelle alla fine della terza settimana di luglio. La carenza di carburante per sostenere le operazioni di soccorso nel Tigray rimane un collo di bottiglia critico, che ostacola la successiva distribuzione dei rifornimenti di soccorso da Mekelle ad altre aree. L’aeroporto di Mekelle ha riaperto e ripreso le operazioni il 2 luglio dopo una chiusura di dieci giorni che aveva avuto un impatto negativo sul flusso di forniture umanitarie, compreso il contante, nel Tigray.”

L’approfondimento del docente universitario belga Jan Nyssen va oltre, e riporta numerose prove per dimostrare che c’è un esplicito intento genocida nella chiusura dei confini del Tigray, paragonandolo alla crisi del Biafra degli anni ’80 (leggi l’articolo originale o la traduzione di Tommasin).

Un articolo di Avvenire riporta una stima di un milione di morti per fame o violenze dall’inizio del conflitto in Tigray!

L’agenzia stampa Fides dà voce anche al nuovo appello del vescovo di Adigrat: “questa continua situazione di genocidio silenzioso sta consumando ogni giorno, minuto e ora, un numero immenso di vite innocenti di bambini, donne e uomini di tutte le età (…). Non posso non alzare la voce contro questo quotidiano doloroso, implorando la pace dal nostro Dio amorevole…“.

L’articolo riporta inoltre alcuni dati impietosi: Secondo l’ultima valutazione del Tigray Bureau of Education, si stima che 1,7 milioni di studenti siano privi del servizio educativo da quasi tre anni (Covid-19 seguito da due anni di guerra). Oltre 2 milioni di persone vivono nei centri per sfollati interni in diverse città, paesi e aree rurali del Tigray, di cui oltre 100.000 ad Adigrat, senza cibo, riparo, acqua, medicine e altri bisogni primari.

La guerra continua sui confini e costringe ad arruolare una fascia di popolazione sempre più giovane.

Se per i bambini della scuola primaria si tenta da alcuni mesi di offrire il servizio scolastico, i ragazzini e ragazzine delle medie e superiori sono costretti al servizio militare. Purtroppo le femmine subiscono soprusi addirittura dai loro stessi compagni di addestramento, ancora prima di arrivare al fronte. Abbiamo notizia di numerose gravidanze precocissime e addirittura di suicidi per evitare l’arruolamento.

In questo quadro disperato, possiamo però portare una luce di speranza grazie all’aiuto prezioso di tanti amici in Italia ed anche al contributo della Regione Emilia Romagna per sostenere la produzione agricola all’interno della Missione! Si sta inoltre concretizzando una collaborazione con la Fondazione Butterfly, che potrebbe portare nuovi aiuti alimentari.

Contiamo su tutti voi per non abbandonare la gente che portiamo nel cuore!