“Non avevo mai sentito un ululato di gioia..” – testimonianza dal carcere

“Non avevo mai sentito un ululato di gioia..” – testimonianza dal carcere

Qui a Cento, in Associazione, arrivano notizie e aggiornamenti su chi è stato o è ad Adwa, ma è difficile riportare certe esperienze quando non si vivono in prima persona.

Così dalla segreteria siamo riuscite a contattare Alessandro Sironi, volontario per alcuni mesi ad Adwa, che ci ha mandato foto incredibili del carcere di Adwa, e ha generosamente condiviso con noi la sua testimonianza.

Ed ecco un altro luogo di Adwa, dove le condizioni di vita non si potevano definire umane, raggiunto dalla solidarietà di suor Laura e consorelle e trasformato…

Questa mattina mi chiama Matteo: “Vieni, devi andare con Suor Laura a far visita alla prigione”. Abbiamo dei regali da portare alle donne carcerate e ai loro bambini.

Saliamo sul Land Cruiser e ci sediamo dietro, assieme a due pacchi enormi pieni di regali.

Le detenute di questa prigione sono qui per reati “minori”, spesso perché non sono riuscite a ripagare un prestito (stiamo parlando magari dell’equivalente di 50 euro…).

Arriviamo alla prigione: una catapecchia polverosa, bloccata all’esterno da alcune casupole decorose (le baracche delle guardie). Entriamo nell’ufficio del comandante: convenevoli, sorrisi, saluti, facciamo la nostra donazione e apriamo i pacchi: viveri, giochi per i bambini, palloni per la squadra di calcio, un po’ di soldi per fare un campo di calcio per i detenuti. Foto di rito e poi ci accompagnano a visitare le detenute. Nessuna perquisizione, nessun controllo documenti, mi lasciano portare la macchina fotografica e posso scattare a piacimento. Da non credere.

per sito2Entriamo nella zona femminile. Un cortile di un centinaio di metri quadri, ai lati del quale stanno due stanze, in ognuna delle quali dormono una dozzina di donne con figli, tutte assiepate per terra. Quando abbiamo cercato di farci aprire la seconda stanza, per visitare anche le altre, queste donne hanno chiesto di aspettare: non aspettavano visite e hanno voluto mettersi il vestito della festa. Cominciamo a dare i regali ai bambini: un camioncino di plastica che all’ipermercato costerà 3 euro. Sono contenti, uno piange, non capisce cosa sta succedendo. Cominciano a giocare con l’unico gioco che hanno: il nostro.

Passiamo al reparto maschile. Sono molti di piu. Tutti in un cortile, sembra un piccolo mercato polveroso, occhi che ti guardano diffidenti, provo a rompere il ghiaccio con un sorriso e un accenno di saluto. Funziona. In mezzo al cortile si cucina, si parla, si vive. Dormono in una stanza lunga 10 metri per 5. Ci stanno in 80, uno a fianco all’altro, per terra, ho contato 3 file di coperte cenciose. Qualcuno è ancora all’interno, sta ricamando un vestito tradizionale. Faccio foto anche qui.

per sito3Usciamo e torniamo in Missione. Carichiamo 20 letti in metallo da montare che ci sono stati donati e torniamo alla prigione per montarne qualcuno. Quando capiscono cos’è scatta un applauso e un ululato di gioia. Non avevo mai sentito un ululato di gioia, assomiglia a quello degli indiani d’America quando vanno in battaglia. Mi rimane appiccicato nella testa. Ne sentirò altri qui in Etiopia ma questo è stato il primo.

Torniamo poi una terza volta nella prigione. Abbiamo pensato infatti di modificare i letti aggiungendo una base in legno e togliendo il materasso che non sarebbe durato molto.

Fatta la base con delle lastre di truciolato da 25mm, le abbiamo ricoperte con della stoffa e poi con del telo di plastica bianco spesso che nel frattempo è arrivato con un container. Matteo è stato il progettista/esecutore assieme a Rambo. Le detenute sapevano che saremmo tornati. Scortati dalle guardie entriamo e portiamo le basi. Cominciamo a montare i letti chiedendo alle detenute di liberare i due locali. Dopo poco che stiamo lavorando le detenute preparano un caffè e ce lo offrono. Forse non si aspettavano che l’avrei accettato… vedo con la coda dell’occhio che mi guardano curiose.

 

per sito4Nel frattempo scene surreali: le guardie che ci aiutano a montare i letti; Rambo (uno dei volontari), che scherza col direttore del carcere (un militare) puntandogli contro l’avvitatore; ogni tanto smetto di montare i letti per fare qualche foto alle e con le detenute e con i bambini.

Man mano che montiamo i letti le stanze si riempiono e diventavano più decorose.

Finiamo consegnando le stanze con 8 letti a castello ciascuna e gran finale con foto di gruppo con guardie, detenuti e volontari. Incredibile è la parola che mi viene piu’ in mente a quando ripenso a questa situazione. Forse incredibile per un europeo. Qui è la norma. Torniamo in missione pieni di pensieri…

 

Foto e testimonianza di Alessandro Sironi