EMERGENZA: CONFLITTO IN TIGRAY

EMERGENZA: CONFLITTO IN TIGRAY

Cento (FE), 5 novembre 2020.

Speravamo di non dover dare questa notizia, ma purtroppo è stata confermata da poche ore: il Primo Ministro etiope ha ordinato un intervento militare contro il governo regionale del Tigray, a seguito di elezioni non autorizzate e di un attacco ad una base militare federale.

Già da qualche settimana, i servizi federali erano stati interrotti verso il Tigray.

Dal 4 novembre i collegamenti telefonici e la connessione internet sono bloccati in tutta la regione, così come i collegamenti aerei ed il trasporto pubblico.

Al momento in cui scriviamo, sappiamo che nessuna offensiva militare è ancora avvenuta ad Adwa.

La Missione, che già ha vissuto il precedente episodio di conflitto con l’Eritrea, è protetta da guardie armate.

I nostri collaboratori italiani e gli operatori sanitari cubani e kenioti hanno dato con grande coraggio la disponibilità a rimanere alla Missione per dare il proprio contributo. L’ospedale, che avete finora sostenuto e visto crescere, potrebbe diventare punto di riferimento per curare in caso di conflitto armato, in collaborazione con gli enti sanitari locali. In breve tempo, all’occorrenza, si cercherà di attivare tutti i 200 posti letto che erano in fase di implementazione.

L’autonomia idrica ed alimentare della missione saranno fondamentali per la sopravvivenza delle missionarie e dei loro collaboratori, che potranno così supportare la popolazione locale che abbiamo tutti a cuore.

Ora più che mai le donazioni fatte finora saranno preziose ad Adwa, e sarà fondamentale non far mancare l’aiuto necessario.

Per quanto possibile col blocco delle telecomunicazioni, aggiorneremo tutti voi Amici sull’evolvere della situazione.

Leggi il nostro comunicato stampa sull’agenzia SIR

AGGIORNAMENTO DEL 13/11

L’isolamento di tutta la zona dalle telecomunicazioni e dalla libera circolazione in questi giorni ha impedito di ottenere informazioni verificate. Le uniche fonti erano le dichiarazioni ufficiali del governo centrale e quelle delle autorità tigrine non riconosciute.

In questa settimana l’attenzione di alcune testate giornalistiche internazionali ha permesso di mettere a fuoco alcune informazioni, ma spesso non confermate.

Riportiamo perciò le notizie contenute nel report dell’ONU, dove si trova conferma che ci sono state offensive armate nei primi giorni del conflitto, alcune non lontano da Adwa.Ma al momento le persone che abbiamo a cuore pare non siano in pericolo di conflitto armato.

Il problema è invece la proclamazione per il Tigray dello stato di emergenza dal 6 novembre, che nella vita quotidiana si concretizza nel divieto di libera circolazione di persone e merci, nel blocco dei servizi bancari, nell’interruzione della distribuzione di energia elettrica (che preclude anche il funzionamento delle pompe per la distribuzione dell’acqua).

In questo quadro, la Missione di Adwa ha più chance di cavarsela grazie ad una buona autonomia idrica ed alimentare, ma limitate nel tempo…

La preoccupazione primaria è per la popolazione locale che rischia di non avere soldi, cibo, acqua, in un quadro già aggravato dalla pandemia.

Speriamo davvero che gli appelli alla pace lanciati da Papa Francesco (vedi l’angelus di domenica scorsa), dall’Onu e dall’Unione Africana non cadano nel vuoto. Ma al momento i presupposti per una soluzione diplomatica non ci sono…

AGGIORNAMENTO DEL 25/11

Purtroppo è stato dichiarato dai comunicati governativi e confermato dalla stampa internazionale: ci sono stati bombardamenti nella zona di Axum e Adwa venerdì 20/11.

Pare che alla missione salesiana non ci siano stati problemi, ma permane il blocco delle telecomunicazioni, l’interruzione della fornitura di energia elettrica e il divieto di spostamenti.

Nessun appello al cessate il fuoco delle Nazioni Unite, dell’Unione Africana, delle autorità religiose, dell’Unione Europea o degli Stati Uniti ha sortito alcun effetto. Il 24/11 si è riunito per la prima volta il Consiglio di Sicurezza ONU per affrontare la questione.

Ora l’azione militare si concentra sulla capitale regionale del Tigray, Macallè, alla cui popolazione è stato consigliato di chiudersi in casa. Il 22/11 il premier ha concesso 72 ore di tempo all’esercito tigrino per arrendersi. Alla scadenza dell’ultimatum, ha dato inizio all’offensiva che definisce finale. Le dichiarazioni del capo del TPLF non lasciano però speranza sulla fine delle ostilità.

Esodi di massa da giorni sono in corso verso il Sudan, con grandi difficoltà per far giungere ai rifugiati i soccorsi, in mancanza di corridoi umanitari.

 

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